The Uncanny House

Mostra

28 marzo 2024 – 1 settembre 2024

Inaugurazione: 27 marzo alle ore 19.00

a cura di Ilaria Marotta e Andrea Baccin

La mostra The Uncanny House è incentrata sui concetti di perturbante e di casa e presenta nuove prospettive artistiche su questi due fenomeni. Viene esaminato il perturbante come leitmotiv che ispira la fantasia letteraria, le fiabe, le storie dell’orrore e la creazione artistica fin dall’inizio del XIX secolo. Le opere di diciotto artisti internazionali raccontano il senso di unheimlich, cioè di perturbante, all’interno della casa al centro di Roma nella quale Johann Wolfgang von Goethe visse tra il 1786 e il 1788. Perse le tracce fisiche del suo passaggio, si evidenziano oggi spazi vuoti, interstizi, chimere, slittamenti temporali e voci.

Gli artisti e le opere:

LE OPERE:

I lavori Histoire de la merde (2016) e Yes Vacancy (2016) di Mathis Altmann sono due modellini tridimensionali che, nell’allure rassicurante di casette di bambola, rivelano altre verità.

Nicotine Museum (2018/2024) è il titolo del progetto site-specific ideato da Dora Budor per il Museo Casa di Goethe. Dipinte con la cosiddetta finitura “old world”, le pareti della prima stanza della mostra portano i segni del precedente utilizzo dello spazio come appartamento.

Nel video Desperate Times (2022) di Tomaso De Luca, le stanze diventano tane o gabbie o prigioni. La casa non è un luogo di protezione e di intimità, ma lo sbilenco set disertato da un’umanità costretta a costruire spazi diversi per sopravvivere.

Evocando uno spazio domestico in cui i corpi si trasformano in oggetti e questi ultimi prendono inaspettatamente vita, il lavoro Pouf Blocco Biondo – Omaggio a Nanda Vigo (2023) di Anna Franceschini mostra la casa come un congegno mobile, teatro di una coreografia surreale e alterata.

Il lavoro di Lenard Giller ispirata al film Disney Cinderella costituisce una porta di accesso o di uscita dal percorso nella “uncanny house”, una traccia sonora sottile che scorre in sottofondo, che in brevi momenti coglie di sorpresa, accendendo rapide e talvolta perturbanti memorie.

Nell’opera Home Alone (2023) di Max Hooper Schneider il tetto di una cameretta infantile in miniatura simula le concrezioni rocciose di una grotta senza nascondere la propria natura posticcia. La casa appare qui come un luogo di solitudine e reclusione, teatro di esperienze di alienazione e ossessione che bloccano il tempo in un loop tossico senza via di uscita.

Con il lavoro Glorie #10 (2022) Caspar Heinemann evoca un nido o una casa di uccelli in miniatura, suggerendo uno spazio interiore composto di parti in precario equilibrio in cui spiritualità e desiderio emergono come le vere forze motrici di un’esperienza del mondo tra privacy domestica e pulsioni liberatorie.

In occasione di The Uncanny House, Mélanie Matranga realizza un lavoro site-specific, una tenda cucita dall’artista stessa per una delle finestre dell’appartamento di Via del Corso. L’intervento dell’artista diventa la membrana di un dialogo tra un dentro e un fuori e tra un prima e un dopo, un velo che ripara, uno schermo volatile che diffonde una visione fantasmatica e transitoria.

Nell’opera scultorea di Brandon Ndife, intitolata With a Soft Center (2023), i resti lignei di quello che potrebbe essere un tavolino o uno sgabello sono ribaltati con violenza trattenuta sulla verticalità della parete, come se la gravità avesse improvvisamente mutato la propria direzione obbligando gli oggetti a trovare un nuovo equilibrio.

Nell’olio su pannello di Giangiacomo Rossetti Doppio ritratto nel comodino (2021) la testa decapitata dell’artista appare due volte all’interno di un mobiletto che fa sprofondare lo sguardo in una ripida prospettiva dai forti contrasti chiaroscurali. Se è vero che tornano alla mente gli autoritratti caravaggeschi nelle teste recise di Golia, del Battista o di Oloferne, qui la scena è però depurata dalla dinamica dell’azione, per diventare un personale memento mori.

Con il progetto Odenkirchener Str. 202: Rheydt (2014) Gregor Schneider, dopo aver acquistato la casa natale del ministro della propaganda nazista Joseph Goebbels, ha iniziato a distruggerla, smantellandola completamente dall’interno, fino a farla diventare un cubo vuoto, in un voluto atto di decostruzione storica. Schneider elabora una riflessione sul concetto di rimozione, intesa in senso fisico, ma anche in senso morale, come cancellazione della memoria di una storia recente, che minaccia sempre di ritornare, come dimostrato dal riemergere dei movimenti neonazisti in Germania.

I lavori della serie Notes from Užupis (2022) vedono Augustas Serapinas concentrare lo sguardo su uno specifico quartiere della capitale lituana Vilnius, casa di artisti e intellettuali, oggi oggetto di un processo di gentrificazione e di speculazione immobiliare. L’opera di Serapinas è testimonianza di una reminiscenza del passato che si palesa attraverso pochi oggetti rimasti, qui preservati in un atto fecondo di distruzione.

Il lavoro di Ser Serpas, intitolato told end retelling (2022), giustappone elementi domestici di arredo con una tela dipinta e dei supporti lignei, creando una combinazione instabile e delicata, sospesa tra leggerezza e gravità. La casa qui appare come un luogo abbandonato che lascia spazio a nuove forme e creature, ridefinendo fantasie e ricordi nei quali non è possibile distinguere magia e realtà.

Adottando un approccio analitico, Giovanna Silva ha sviluppato per The Uncanny House un progetto site-specific dal titolo JWG (2024). Gli spazi domestici della Casa di Goethe sono stati setacciati con cura e discrezione, alla ricerca dei segni del vissuto del letterato tedesco ormai lontano nel tempo.

I due dipinti a encausto su tela di Analisa Teachworth, Immortal e Familiar (2023), sono esemplificativi di un approccio in cui le meccaniche della cruda realtà che ci circonda entrano in contatto con una dimensione inspiegabile e misteriosa.

Con La Quinta Stanza (2024), il lavoro site-specific concepito per The Uncanny House, Nico Vascellari va oltre il limite fisico e visivo delle quattro stanze che ospitano il percorso della mostra, per esplorare una stanza segreta – la quinta stanza appunto – collocata in un altrove di cui non ci è dato sapere e che il visitatore può osservare solo attraverso lo schermo collegato a una videocamera di sorveglianza.

La produzione di Rachel Whiteread ha mostrato un costante interesse nei confronti dell’idea di casa. La funzione di involucro che separa interno ed esterno, la tensione tra pieni e vuoti, presenze e assenze, luci e opacità, rappresentano i perni di una ricerca artistica che è stata in grado di indagare la natura fantasmatica di questo spazio. L’opera Pallet (2016) appartiene a una serie di lavori che portano questo genere di riflessione dalla tridimensionalità alla bidimensionalità della superficie.

Per il suo progetto Class Memorial Marina Xenofontos ha raccolto da edifici oggetto di ristrutturazione una serie di porte in alluminio anodizzato, provenienti da quartieri dell’aspirante classe media nella sua nativa Cipro e risalenti agli anni Settanta. Le rielaborazioni dell’artista trasformano tali elementi architettonici trovati e scartati in monumenti silenziosi del passato di un’intera classe sociale, delle sue aspirazioni e dei suoi sogni irrealizzati.

Architettura mostra di BB
La mostra è accompagnata da un catalogo pubblicato da SORRY PRESS®

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L’inaugurazione è stata realizzata con il supporto di

 

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